Decreto del vescovo sulla confessione sacramentale per il procurato aborto

Il vescovo diocesano Giuseppe Piemontese, con suo decreto, ha concesso per il periodo che va dal Mercoledì delle ceneri alla Solennità di Pentecoste, a tutti i presbiteri che esercitano il loro ministero in modo stabile e continuativo in diocesi, la facoltà di rimettere nell’atto della confessione sacramentale la scomunica latae sententiae incorsa per il grave peccato di aborto procurato, in cui incorrono tutti coloro che, fisicamente o moralmente, abbiano cooperato in modo diretto ed efficace a favorire l’aborto (cfr. can. 1329 §2). La disciplina ordinaria per rimettere la scomunica incorsa per il grave peccato di aborto procurato ha valore pedagogico e dissuasivo e sottolinea la gravità del delitto di aborto, offrendo nel contempo al penitente l’opportunità di intervallare l’accusa del peccato dalla assoluzione con un periodo di tempo da impegnare,nella riflessione, nell’ascolto della Parola di Dio, nella preghiera, nella carità e nella congrua penitenza. La facoltà di rimettere la censura è ordinariamente propria del vescovo, del canonico penitenziere, dei cappellani degli ospedali e del carcere, con questo decreto viene concessa la facoltà ai sacerdoti per rendere più facile l’accostarsi al Sacramento della misericordia da parte dei fedeli che hanno commesso peccati particolarmente gravi, puniti con la scomunica.

“Nell’uso di tale facoltà i presbiteri – è scritto nel decreto -, ricordando che essi svolgono ‘un compito ad un tempo di giudice e di medico’ e che sono ‘ministri contemporaneamente della divina giustizia e misericordia, così da dover provvedere all’onore divino e alla salvezza delle anime’ sappiano anzitutto consolare chi è angosciato ricordando che, qualunque cosa il cuore rimproveri, Dio è più grande del cuore dell’uomo e conosce ogni cosa e, dopo aver istruito i penitenti circa la gravità di questo peccato, verifichino attentamente se sono realmente incorsi nella censura tenendo conto del can. 1324 circa le attenuanti e, nel caso, impongano penitenze sacramentali tali da favorire il più possibile una stabile conversione”.