Chiesa San Giuseppe Lavoratore – dedicazione della chiesa e dell’altare

Giovedì 19 marzo alle ore 18 nella chiesa di san Giuseppe lavoratore a Terni si terrà la solenne celebrazione per la dedicazione della chiesa e dell’altare presieduta dal vescovo Piemontese. La chiesa è stata realizzata alla fine degli anni ’90 come grande aula sacra, su progetto dell’architetto Franco Maroni.

 

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  IL VIDEO DELLA CELEBRAZIONE

In preparazione alla festa, domenica 15 marzo si è tenuto il ritiro parrocchiale di Quaresima con le lodi,  la catechesi, la celebrazione Eucaristica e l’inaugurazione della seconda fase del ciclo pittorico del maestro Melari Enzo, raffigurante il Lavoro ed alcuni brani dei Vangeli partendo dalla Genesi e che si conclude con la Risurrezione di Cristo.
L’opera completa si potrà ammirare nella grande parete frontale interna della chiesa. Già esposte, oltre la Genesi, l’Annunciazione alla Vergine Maria, la Visitazione a Elisabetta, la Sacra Famiglia, la fuga in Egitto, la strage degli Innocenti.
L’ultimo dipinto di 4,75 mt x 3,20 mt raffigura il Cristo che offre il pane Eucaristico a Giuseppe ed altre opere che rappresentano il Battesimo di Gesù, le Beatitudini, la lavanda dei piedi e, in fine, la Risurrezione.
L’artista sta inoltre elaborando una serie di dipinti che illustreranno l’opera di san Francesco d’Assisi ed il lavoro dei frati Minori nel mondo e nelle varie epoche.

BREVE STORIA – Il ritorno dei Frati Minori Conventuali si deve all’Ente Comunale di Assistenza e al vescovo Giovanni Battista Dal Prà che nel 1956 pensò di affidargli la gestione dell’Orfanotrofio Guglielmi e nel 1966 la Parrocchia di San Giovanni Battista in periferia. Più lardi si pensò di costruire la nuova Parrocchia di San Giuseppe Lavoratore nel quartiere Cospea lungo la statale Flaminia, a ridosso degli storici stabilimenti chimici tuttora in attività.
La prima pietra della chiesa dedicata al patrono dei lavoratori è stata benedetta da papa Giovanni Paolo II durante la storica visita alla città e alle fabbriche del 19 marzo 1981. L’edificio è sorto nel 1987 grazie all’impegno del vescovo Franco Gualdrini, il quale commissionò il progetto all’architetto ternano Franco Maroni.
(tratto dalla pubblicazione “Oltre Assisi” di Giuseppe Cassio)

IL PROGETTO  –  La struttura dello spazio liturgico, pur vivendo nell’ambito della città, ripropone tutta la sua complessità, non potendo in modo assoluto accantonare gli aspetti di tipo psicologico che formano la sostanza stessa dell’idea della Chiesa. Premesso questo, il progetto prende le mosse da presupposti di tipo ideologico e con sforzo di sintesi si cura di unificare e raccordare in forma gli elementi salienti’ e caratterizzanti che il pensiero liturgico ha elaborato nella tradizione di continuità con il suo passato. In questa linea, dall’inizio della progettazione si sono tenuti presenti i punti progressivi più collegati con la cultura cattolica posteriore alla contestazione e con i dettami elaborati dal Concilio Vaticano II che, raccolte le esigenze di una base sempre più “sociale”, ha interpretato il ruolo della chiesa come ormai collegato al contesto della vita urbana. La società civile riconosce nel quartiere lo spazio della sua comunità di base e la chiesa entra come servizio partecipe. Nel progetto la scelta iniziale vuol tenere conto di questa realtà e vuol proporre uno scambio di servizi tra la comunità ecclesiale e la comunità urbana: nella chiesa anche funzioni profane legate alla vita giornaliera della comunità, nello spazio civile anche funzioni religiose. Nel nostro caso infatti la chiesa non si isola ma si rivela come servizio tra i servizi e la sua prima efficacia si manifesta nell’esistere come verde di quartiere e nell’articolarsi a cavallo di una strada trasversale di attraversamento, prevista dal progetto, che taglia in diagonale il lotto e si collega strettamente al resto del quartiere stesso. L’architettura è basata sull’essenzialità formale e l’organizzazione in forma dei contenuti funzionali e delle basi ideologiche si traduce in una serie di aspetti volumetrici che, pur soddisfacendo agli usi complessivi che si sono posti nella premessa, devono servire alla costruzione di tutti i connotati particolari che traggono origine dalla storia più antica, il tema del campanile, che sempre ha rappresentato il tipo della chiesa e che nel paesaggio urbano ha segnato e connotato la sua presenza, viene ripreso nel suo ruolo di simbolo rivisitato secondo un’estetica moderna a rappresentare la croce. Al suo interno l’organismo della chiesa riflette la città; la diagonale principale, che è anche quella già detta del lotto, è generata dal percorso pedonale che si lega funzionalmente al quartiere e attraversa per intero l’organismo chiesastico; la diagonale secondaria, che è sempre un percorso, prende inizio dal centro del quadrato e si limita all’interno o dall’area verde. Su questo incrocio di percorsi, si forma la struttura dell’edificio. L’innesto tra le due direzioni, rese reali dai percorsi pedonali, viene esaltato e si traduce in uno spazio che è il protagonista centrale di tutto l’organismo. Un’area circolare, su cui convergono tutti gli elementi componenti che nella parte interna diverga presbiterio e nella parte esterna spazio fruibile per la sosta e piastra dell’anfiteatro all’aperto che su di essa confluisce. La svetratura del presbiterio rende possibile la connessione tra i due semipiani da cui la piazzetta è costituita. La parte sinistra è l’organismo predominante ed è compresa all’interno di una scatola complessa a base triangolare ancora suddivisibile in due parti distinte in uno spazio assembleare, organizzato in anfiteatro e in uno spazio feriale più strettamente specializzato per l’uso sacro. La polifunzionalità di questo spazio è resa operativa da una parete mobile che rende possibile sia la separazione che la confluenza. La sala polivalente nella soluzione “chiusa”, permette la realizzazione di assemblee (400 persone) di tipo diverso rendendo praticabile il concetto di spazio aperto alle diverse iniziative comunitarie sia di tipo religioso che sociale più vasto, fino alle proiezioni cinematografiche. Nella soluzione “aperta” lo spazio feriale si dilata permettendo la celebrazione del rito tra un numero maggiore di fedeli (600-700 persone). Lo spazio feriale ha un assetto più complesso. Il suo punto focale è rappresentato dall’area più interna presbiteriale che contiene: il tabernacolo, l’ambone, la croce, il fonte battesimale e l’altare (che nella configurazione “aperta” ruota verso sinistra per divenire il fulcro di tutto l’ambiente). Una serie di setti portanti radiali indirizzano tutto lo spazio verso questo punto centrale e la concentrazione oltre che in pianta viene realizzata volumetricamente dalla presenza di due piani posti a quota crescente. Il primo ha la funzione di un vero e proprio loggiato sullo spazio feriale che rimanda alla funzione del vecchio matroneo per rendere possibile una partecipazione al rito più intima ed isolata; il secondo meno collegato con le funzioni sacre (pur affacciandosi sullo spazio assembleare) rende possibili attività di gruppo più autonome e rimanda sulla chiesa con un gioco di riflessi, la luce captata da un lucernaio sovrastante. Oltre il percorso esterno principale, ai bordi della piazzetta sono realizzati due elementi funzionali simmetrici: un anfiteatro all’aperto incentrato sulla piazzetta stessa e il volume del convento e delle opere parrocchiali. L’anfiteatro realizza quella totale apertura funzionale prevista verso l’ambiente urbano perchè in esso tutto ciò che attiene il momento collettivo diviene possibile: assemblee – rappresentazioni teatrali – celebrazioni all’aperto, dialogo ecc. Con questo il vecchio concetto medioevale della polifunzionalità delle cattedrali viene ripreso e piegato ad un uso sentito nei suoi termini attuali.

IL PROGETTISTA ARCH. FRANCO MARONI