Assemblea ecclesiale ottobre 2019 – 366° anniversario della dedicazione della Cattedrale di Terni

Questa sera in maniera speciale facciamo corona alla Chiesa, sposa di Cristo, della quale tutti noi siamo membri, convocati dal Padre, consacrati nel santo battesimo e santificati dallo Spirito Santo nel Sangue di Cristo. Il Concilio Vaticano II ci ricorda che siamo Popolo di Dio in Cammino verso la Gerusalemme celeste secondo l’insegnamento di Pietro (nel seconda lettura):
“Ma voi siete la stirpe eletta, il sacerdozio regale, la nazione santa, il popolo che Dio si è acquistato perché proclami le opere meravigliose di lui che vi ha chiamato dalle tenebre alla sua ammirabile luce; voi, che un tempo eravate non-popolo, ora invece siete il popolo di Dio; voi, un tempo esclusi dalla misericordia, ora invece avete ottenuto misericordia”. (1Pt 2, 9-10).
Quale strabiliante annuncio, quale consolante realtà, che viviamo tutti i giorni e che in maniera visibile e sensibile questa sera sperimentiamo.
In questa chiesa-madre, la nostra cattedrale, segno, richiamo e riferimento a quella tenda, nella quale il popolo di Dio è radunato e avvolto dalla Gloria di Dio nella proclamazione della Parola e nella celebrazione dei santi misteri, in particolare dell’Eucarestia, mistero pasquale attualizzato per noi. Attraversiamo l’anno di grazia 2019, 366° anniversario della dedicazione di questa Cattedrale, il 27 ottobre 1653 per il ministero del card. Angelo Rapaccioli. Ognuno di noi, con la sua esistenza e individualità particolare, in un mistero di peccato e di grazia, rappresenta quel frammento di Popolo di Dio, che nella storia, in questo tempo particolare, prolunga e dà continuità al cammino del Popolo di Dio, della Chiesa, carovana originata dal costato di Cristo e destinata, secondo i disegni di Dio, alla Gerusalemme celeste.
Il nostro convenire in questo luogo santo, oggi, intende manifestare la gioia per gli eventi di grazia, che sta vivendo la Chiesa di Dio: la celebrazione e le conclusioni del Sinodo dei vescovi per l’Amazzonia; la celebrazione e le conclusioni dell’Assemblea Ecclesiale regionale umbra, alla quale la nostra Diocesi ha partecipato, rappresentata da 50 delegati; il mese missionario straordinario durante il quale ringraziamo il Signore per il dono del Vangelo e della fede, che abbiamo ricevuto e per tanto fervore missionario di uomini e donne nel mondo intero. La visita pastorale, che volge al termine, e durante la quale abbiamo sperimentato la visita di Gesù, Buon Pastore. La gioia si fa più personale per la nostra Chiesa particolare perché riprendiamo nella preghiera e nella lode il cammino del nuovo anno pastorale, con alcuni segni e inizi, motivi di speranza per tutti, nonostante il raffreddamento della fede e dello zelo apostolico anche tra le nostre comunità:
– Verrà consegnato il mandato agli operatori pastorali della Diocesi, cristiane e cristiani generosi, che hanno risposto alla chiamata della Chiesa e ufficialmente si pongono al servizio del Vangelo.
– Inizierà il quinquennio di servizio degli organismi di partecipazione, ultimamente rinnovati: i Consigli pastorali parrocchiali, i Consigli parrocchiali per gli Affari economici, i consigli pastorali foraniali, il Consiglio pastorale Diocesano, il Consiglio Presbiterale, il collegio dei Consultori. La vita della Chiesa cresce e matura con questi organismi sinodali, dove laici, religiosi/e, diaconi, Presbiteri, in una sinfonia di partecipazione generosa e corresponsabile, guidati dal vescovo, si testimonia la Chiesa, comunione e servizio.
Anche nella nostra diocesi in questa circostanza vogliamo crescere nella consapevolezza di essere Chiesa, popolo santo fedele di Dio, che cammina insieme, animati dalla responsabilità di annunciare il Vangelo nella chiesa e nel mondo. E tale missione evangelica va promossa in maniera sinodale: popolo ordinato, dove ciascuno con la sua vocazione, cultura e carismi, guidati dai pastori, concorre a diffondere il Regno di Dio, camminando insieme.

Desidero accennare, oltre a quelli enunciati, ad altri segni di speranza per l’anno pastorale, cui diamo inizio; sono segni e reti di speranza per tutti noi, che abbiamo come riferimento Gesù. Li accogliamo nel nostro cammino di fede, speranza e carità alla scuola della Parola e dell’Eucarestia nella comunità, e li offriamo nella testimonianza quotidiana nei luoghi della vita. Ognuno secondo i propri doni e i propri carismi.
• La prossima ordinazione dei tre diaconi della nostra diocesi, evento straordinario di grazia: il sem. Daniele Martelli, il sem. Giuseppe Zen, il sig. Graziano Gubbiotti (diacono permanente), la sera del prossimo 30 novembre, prima domenica di avvento;
• I percorsi già avviati e sperimentati per l’IC , per i ubendi e la pastorale familiare.
• La pastorale giovanile e vocazionale delle Associazioni e delle parrocchie, coordinata dall’Ufficio diocesano, alla luce della Esortazione Apostolica “Christus vivit”, che è stata consegnata a tutti i giovani e alle parrocchie.
• Il progetto di collaborazione con gli insegnanti di Religione a servizio dei giovani.
• Lo sforzo e la riflessione per la rimodulazione delle feste patronali e parrocchiali, in particolare la Festa di san Valentino, da riportare a forme evangeliche più autentiche.
• La Festa dei cresimandi e dei giovani, quale momento di gioioso incontro e conoscenza anche tra animatori e catechisti.
• Il Filmfestival “Popoli e Religioni”, quale proposta di riflessione, offerta ad adulti, giovani e ragazzi, sui tema del dialogo, accoglienza, interculturalità tra popoli e religioni diverse, presenti anche nei nostri territori.
• L’ottavo centenario del martirio dei Protomartiri Francescani, eroi della nostra Chiesa e provocatori per la nostra odierna fedeltà testimonianza per Gesù e il Vangelo.
• Il quinto centenario dell’arrivo in America di mons. Alessandro Geraldini di Amelia, missionario e primo vescovo residenziale a Santo Domingo.
• L’assemblea diocesana dell’Azione Cattolica (23 febbraio) per il rinnovo del Consiglio Diocesano e in vista dell’Assemblea regionale e nazionale.
• Infine l’impegno quotidiano e ordinario delle comunità parrocchiali, animate da Presbiteri e diaconi, e di associazioni e movimenti impegnati nella testimonianza e nell’animazione cristiana delle realtà terrene.

Questa domenica, in tanto fervore spirituale e fraterno, il brano di Vangelo ci aiuta a rivedere e a rettificare l’orientamento della nostra esistenza verso Dio e di conseguenza verso i fratelli.
Nel Vangelo di Luca delle ultime domeniche Gesù prima ci ha insegnato a pregare, consegnandoci la preghiera del Padre nostro; poi ci ha sottolineato la necessita di pregare senza stancarci. Oggi ci insegna come e con quali sentimenti pregare e soprattutto come rapportarci verso Dio e verso il prossimo.
Ascoltando la parabola, ormai patrimonio della nostra memoria ci schieriamo subito dalla parte del pubblicano, sentiamo di non avere nulla da spartire con il fariseo: antipatico, orgoglioso, egocentrico, presuntuoso e sprezzante verso il prossimo.
Eppure Gesù vuole convertire tutti e si rivolge soprattutto ai farisei. Egli racconta la parabola “per alcuni che avevano l’intima presunzione di essere giusti e disprezzavano gli altri”.
Vuole cambiare alcuni che si sentono a posto con Dio, alcuni dei sui discepoli, forse anche noi.
I due salgono verso il tempio, dove si offrono sacrifici, si implora il perdono, si chiedono grazie. Il salmista canta: andiamo a vedere il volto del Signore.

Ma quale volto di Dio vanno ad adorare?… Il dio del fariseo non è il vero dio.
Il Dio che egli adora è sé stesso: Pregava tra se “18,11 ὁ Φαρισαῖος σταθεὶς ⸂πρὸς ἑαυτὸν pròs autòn” .. verso di sé… sta pregando non il vero dio ma un idolo che sta dentro di lui… ragiona come lui, un dio che odia i peccatori, come li odia lui…
IO digiuno, io pago le decime, io non sono come gli altri e neppure come questo pubblicano.

La preghiera del pubblicano
Si ferma a distanza: non si avvicina né a Dio né al fariseo
Si batte il petto, sede del male, non osa alzare gli occhi al cielo…
Il pubblicano è il peggio della miseria morale allora esistente, un esattore delle tasse: un ladro autorizzato, si è dato alla bella vita. Ha offerto perfino un sacrificio agli dei in onore dell’imperatore…
Ora fa un atto di dolore generico: così si sente a posto con Dio e gli uomini.
I giudei hanno buone ragioni per odiarlo. Non lo accolgono in casa non lo salutano è privato dei diritti religiosi, da lui nessuno accetta prestiti o regali.
Da quale parte stiamo? Gli Ebrei potevano andrare in giro a fianco del fariseo. Egli, a parte la presunzione, è un uomo fedele e onesto, mentre il pubblicano è un peccatore incallito.

Gesù esprime il giudizio non sul comportamento morale dei due, ma sulla loro preghiera: uno ha pregato il vero Dio e l’altro un idolo: quale volto di Dio sono andati a vedere nel tempio?
Il Signore afferma che il pubblicano tornò a casa giustificato perché si è lasciato coinvolgere nel rapporto di amore: ha riconosciuto la propria miseria, la santità e l’amore di Dio, da cui si era allontanato.
Il fariseo non torna giustificato perché l’uomo non si giustifica da sé, con i propri meriti, con le proprie opere, soprattutto non si misura nel confronto con gli altri, ma nello sguardo di Dio: misericordia, amore, giustizia e salvezza gratuita e infinita, al di là dei meriti e delle opere, che sono pure doni di Dio.
Il fariseo non ha capito che il vero dio non è il contabile di meriti. Egli si rivolge a Dio con la pretesa che riconosca i suoi meriti. Da Dio possiamo solo ricevere e ringraziare. E quando cambiamo rapporto con Dio cambia anche il rapporto con i fratelli.

I destinatari della parabola sono i giusti, i discepoli che adorano un Dio che è un idolo, un contabile che tiene conto dei peccati dei meriti e da buon contabile da premi e castighi,
Il Signore vuole convertire persone dalla vita impeccabile, corretta, ma che si nutrono di autocompiacimento e di disprezzo nei confronti degli altri, che considerano delle nullità.
Gesù sta parlando ai giusti, e se noi ci riteniamo tali la parabola è diretta a noi, che adoriamo noi stessi e non il Padre delle misericordie.
Nella comunità convivono santi e peccatori: i santi sono coloro che riconoscono che la loro vita di grazia è dono di Dio, che ringraziamo e che pregano per i peccatori, per i quali invocano un supplemento di grazie e di misericordia.

CONCLUSIONE del mandato
Tutti voi, fratelli e sorelle, poveri e umili, discepoli del Signore, cristiani di questa Chiesa, missionari e operatori pastorali per l’annuncio del Vangelo e l’animazione cristiana delle realtà civili ed ecclesiali di questo territorio, siete la speranza e la ricchezza della Chiesa. Accogliete il dono, che vi viene affidato e andate a condividerlo, con intelligenza e amore, con quanti il Signore vi pone sulla strada. A due a due, in comunione, santificati dalla presenza invisibile ma reale del Signore Gesù; con la forza della Parola e dell’Eucarestia, ponetevi al servizio dell’amore col quale Gesù ha inondato l’umanità.