Pasqua 2016 – celebrazione del Giovedì santo

La celebrazione del giovedì santo è la porta che ci immette nel triduo sacro, nella passione morte e risurrezione di Gesù, nella celebrazione della Pasqua. Una celebrazione che è memoriale dell’Eucarestia consegnataci da Gesù proprio quella sera: nell’istituzione dell’Eucarestia, nell’istituzione del sacerdozio ministeriale, nel comandamento del Signore sull’amore fraterno
Nell’esperienza di ciascuno di noi che facciamo attorno ai genitori nel momento in cui lasciano questa vita, si cerca di cogliere le ultime parole, i desideri, gli orientamenti per la vita che hanno guidato l’esperienza dei genitori e che essi ritengono segreto di riuscita anche per noi. Cosi fa Gesù, cosi fanno gli apostoli, e così facciamo noi anche oggi.
Nella seconda lettura abbiamo ascoltato come il Signore Gesù, nella notte in cui veniva tradito, prese del pane e, dopo aver reso grazie, lo spezzò e disse: «Questo è il mio corpo, che è per voi»; Gesù ci dona se stesso, il suo corpo come presenza, come cibo, come farmaco di immortalità. Nel pane c’è Gesù offerto e morto per noi. E’ Gesù pane di vita. E’ Gesù maestro. E’ Dio con noi. Si offre a noi per essere mangiato e trasformarci in sé. E’ Gesù intero, morto e risorto che nel pane si dona a noi.
E noi questa sera facciamo memoria della Pasqua del Signore, come già gli apostoli nell’ultima cena, che diventa memoriale e anticipo della Pasqua del Signore. Allo stesso modo, dopo aver cenato, prese anche il calice, dicendo: «Questo calice è la Nuova Alleanza nel mio sangue; fate questo, ogni volta che ne bevete, in memoria di me». Ogni volta che mangiate questo pane e bevete al calice, voi annunciate la morte del Signore, finché egli venga. Il calice, il sangue di Cristo che ci viene donato è riferimento a Gesù offerto per noi, morto per noi, donato a noi. Così accettando e bevendo al suo calice, siamo resi parte e siamo partner della nuova ed eterna Alleanza stabilita in quel sangue. Tutti noi eravamo pagani, estranei, gregge smarrito, ora nel Sangue di Cristo siamo suo popolo, popolo dell’Alleanza, acquistata nel Sangue di Gesù. E rinnoviamo questa alleanza, questa amicizia, questo legame profondo, ogni volta che celebriamo l’Eucarestia, mangiamo il pane e beviamo al calice, in attesa della sua venuta.
«Fate questo in memoria di me», parole importanti, «fate questo ogni volta che ne bevete in memoria di me». Gesù incarica gli apostoli, gli ordina di rinnovare la sua passione e morte nell’Eucarestia. Dà loro il potere di ripetere il memoriale della sua Pasqua. Memoriale significa: rendere realmente presente Gesù nel ricordo della sua ultima cena.
Gli apostoli, i vescovi, i sacerdoti, il sacerdozio cattolico viene in quella notte di passione istituito da Gesù per sempre. E noi questa sera riviviamo quell’ultima cena obbedendo all’ordine di Gesù. Meravigliosa sera! O Santa cena del Signore alla quale siamo invitati a partecipare con gli apostoli, con Maria, con i santi che sono nel cielo e sulla terra.
Ma Gesù completa le sue consegne, lasciandoci il comandamento dell’amore e del servizio. Il Vangelo di Giovanni che abbiamo proclamato, ci indica come rendere vera l’Eucarestia, che siamo chiamati a celebrare in memoria del Signore e in quale modalità esercitare il sacerdozio ministeriale. Gesù sapendo che il Padre gli aveva dato tutto nelle mani e che era venuto da Dio e a Dio ritornava, si alzò da tavola, depose le vesti, prese un asciugamano e se lo cinse attorno alla vita, poi versò dell’acqua nel catino e cominciò a lavare i piedi dei discepoli e ad asciugarli con l’asciugatoio di cui si era cinto.
In segno di amore umile, materno e fraterno Gesù dimostra, in maniera concreta e simbolica, quali conseguenze porta partecipare all’Eucarestia, essere suoi discepoli, voler stare alla sua destra e alla sua sinistra, essere investiti della potestà nel Regno di Gesù. Se dunque «io, Signore e Maestro, ho lavato i piedi a voi, anche voi dovete lavare piedi gli uni agli altri; vi ho dato un esempio, infatti, perché anche voi facciate come io ho fatto a voi». Vi ho dato l’esempio: nell’amore vicendevole fino a lavarsi i piedi vicendevolmente, ad amarvi fino a dare la vita gli uni per gli altri. Dice san Giovanni: “che avendo amò i suoi e li amò sino alla fine, ad essere uniti quale segno di appartenenza a Gesù”
Il progetto di Gesù, la sua preghiera nell’ultima cena “ che siano una cosa sola” quale permessa per la missione. Il cammino di comunione nella chiesa, nella nostra diocesi nasce da qui. Una comunione che si invoca unendoci alla preghiera di Gesù. Si costruisce con la misericordia sperimentata e condivisa senza condizioni e prevenzioni. Si realizza attorno a Gesù, che fa di noi un solo popolo con la sua morte e risurrezione. Nell’ Eucarestia, in ciò che stiamo celebrando, ha la sua attualizzazione, nell’amore fraterno la sua espressione, verso coloro che rappresentanti Gesù, e cioè i poveri, i piccoli, il papa, i vescovi, i sacerdoti, i ministri, ogni fratello che ha impresso il volto di Cristo.
Questa sera esaminiamoci sulla nostra riposta risposta al suo Testamento comandamento, sull’apporto che ciascuno dà alla comunione e alla carità nella nostra chiesa particolare. Grazie a questi fratelli e sorelle che si sono resi disponibili a lasciarsi lavare i piedi; ci hanno aiutato a farci vedere con gli occhi il gesto compiuto da Gesù e incoraggiarci a lasciarci lavare i piedi da Gesù e dai fratelli, a disporci a nostra volta ad imitare Gesù nel servizio vicendevole, anche quello più umile.