Celebrazione del Te Deum 2016

Questa giornata di fine anno, passaggio dall’anno vecchio a quello nuovo, è come una cesura nell’esistenza personale, del vivere civile, della storia.
E’ una celebrazione insieme festosa e pensosa. Un momento nel quale si intrecciano memoria, ringraziamento, invocazione per l’anno nuovo nel nome di Maria Madre di Dio.
Queste tre operazioni si avvicendano nella nostra mente, nel nostro cuore e anche nei nostri discorsi e nel nostro dialogo col Signore.
Il ringraziamento è tanto più sentito quanto più è viva la memoria di ciò che si è vissuto e del bene che si è ricevuto.
Questa sera orientiamo la memoria su un arco di tempo e di spazio ampi da presentare sull’altare dell’Eucarestia, del rendimento di grazie. Volgiamo lo sguardo fugace alle situazioni e alle vicende civili e sociali dell’anno: quelle mondiali: le guerre, la Siria, paesi del Mediterraneo, Europa est, gli attentati: Parigi (13 novembre 2015), Nizza (14 luglio 2016), Germania (19-12-2016), quelle nazionali: terremoto (24 agosto e 30 ottobre 2016), ma anche la grande gara di solidarietà e di generosità vista. L’ emigrazione con i problemi connessi, ma anche con gli interrogativi provocati dagli squilibri politici, sociali e ambientali di tanti paesi specie dell’Africa, insieme alla generosa accoglienza messa in moto da un’ampia base di cittadini. La precarietà economica, politica e sociale che attanaglia specie il nostro paese che vede accrescere il numero dei poveri e i milioni di persone che “sognano” un lavoro (Rapporto Istat 2016). Anche il nostro territorio soffre per la situazione di crisi economico-finanziaria, con un turbamento diffuso per il sospetto di illegalità e la percezione di insicurezza, anche le statistiche dicono che i reati sono diminuiti e l’impegno di amministratori e forze politiche e sociali è accresciuto per migliorare la condizione del bene comune. Non possiamo non pensare alle storie e alle vicende personali: problemi di salute propria e dei familiari, sofferenza per un lutto in famiglia, ma anche la gioia per un traguardo raggiunto nella professione, nello studio, per la nascita di un figlio. Come Chiesa non possiamo non ricordare e ringraziare per l’Anno Santo della misericordia, per le tante opere di carità in essere e quelle che si sono aggiunte, l’istituzione delle Comunità Pastorali e l’avvicendarsi dei parroci che aprono nuove prospettive di rinnovamento e di bene delle anime nei vari territori.

Forse la memoria e il bilancio è in rosso, l’amarezza per le opportunità perdute o non riconosciute è persistente e la tentazione del pessimismo e della rassegnazione è incombente.
Un anno è passato e un altro sta per cominciare ed ognuno, a modo suo, apre il cuore alla speranza.
Tutti sappiamo che dopo ogni notte viene l’aurora di un nuovo giorno. Dopo ogni inverno sboccia la primavera.
Per i discepoli di Gesù però non sono le stagioni che dettano il ritmo. E’ la Parola di Dio e i tempi della liturgia che conduce a riprendere il cammino.
Non siamo una tribù di naufraghi in balia delle onde o una carovana di nomadi, perennemente in cammino senza meta ed esposti ai mostri selvatici.

Siamo mossi dalla consapevolezza che è Dio che guida la storia e la conduce alla realizzazione della perfezione , alla pienezza della felicità dei suoi figli. Ce ne ha dato la garanzia inviando nel mondo, “nella pienezza del tempo, suo Figlio, nato da donna, nato sotto la Legge, per riscattare quelli che erano sotto la Legge, perché ricevessimo l’adozione a figli”.
La presenza del Figlio di Dio e nostro fratello si nasconde sotto le spoglie di un bambino, adagiato in una mangiatoia, accudito dalla madre e dal padre, Maria e Giuseppe.
E’ lui il segno, anzi la presenza di Dio stesso che si accompagna ai popoli e a ciascuno, in ogni tempo e luogo e garantisce col suo amore e i suoi insegnamenti il risultato finale vittorioso sulle forze avverse, sul male e sulla morte.
La nostra esistenza, il nostro tempo, la fine e soprattutto l’inizio dell’anno è accompagnato e benedetto dalla benedizione di pace da parte di Dio.
Il Signore parlò a Mosè e disse: «Parla ad Aronne e ai suoi figli dicendo: “Così benedirete gli Israeliti: direte loro:
Ti benedica il Signore
e ti custodisca.
Il Signore faccia risplendere per te il suo volto
e ti faccia grazia.
Il Signore rivolga a te il suo volto
e ti conceda pace”.
Così porranno il mio nome sugli Israeliti e io li benedirò».
“La pace, ricordava il card. Martini, è il più grande bene dell’umano, perché è la somma di tutti i beni messianici. Ma pace non è solo assenza di conflitto, cessazione delle ostilità, armistizio.
Pace è frutto di alleanze durature e sincere, a partire dall’alleanza che Dio fa in Cristo perdonando l’uomo, riabilitandolo e donandogli se stesso come partner di amicizia e di dialogo in vista dell’unità di tutti coloro che egli ama”.
E’ una pace che viene dall’alto e chiede il contributo di ogni uomo, che diventa artigiano della pace, ogni giorno.
Come i pastori siamo chiamati ad intendere i messaggi di Dio, ma poi a partire “senza indugio” per vedere il segno che ci viene offerto. E potremo poi raccontare, testimoniare ciò che è accaduto.
Ma non basterà fare come i pastori, dovremo imitare Maria nel custodire, nel meditare, nel confrontare parole ed eventi, ma anche nel mettere insieme, attraverso Gesù, Dio e l’uomo, alleati per un futuro di pace.
Con questa speranza nel cuore rendiamo grazie per l’anno trascorso e apriamoci al futuro, che Dio ci elargisce come dono e benedizione per ciascuno, per la nostra Diocesi e l’umanità intera.
Con Francesco d’Assisi vi rivolgo il mio augurio: Il Signore vi dia la Pace!