Emergenza profughi afghani – padre Stefano Tondelli: “Apriamo il nostro cuore allora anche agli “afgani invisibili” e agli altri sofferenti di cui nessuno parla”.

“La tragedia del popolo Afghano, le immagini che ci giungono, il susseguirsi delle notizie non possono che provocare dolore e ottenere il nostro sdegno e preoccupazione – dichiara il direttore di Caritas Italiana don Francesco Soddu -. Partendo dal presupposto che le vicende afghane potranno avere un effetto sui flussi migratori verso l’Europa nel medio periodo (come ricorda l’Ispi molto dipenderà non tanto dalla situazione afghana ma dai paesi in cui si stanno dirigendo in primis Iran, Pakistan e Turchia) è bene ricordare che: le evacuazioni dall’Afghanistan riguarderanno 2.000/2.500 collaboratori del contingente italiano ad Herat e i loro familiari (oltre ad alcuni specifici casi). I ponti aerei, che hanno permesso sino ad oggi di trasferire in Italia 1.600 persone, saranno possibili fino a quando l’aeroporto di Kabul sarà sotto il controllo degli Usa. Le evacuazioni avvengono attraverso ponti aerei, seguendo principalmente il criterio della “collaborazione” con il contingente militare italiano (ISAF). In futuro non ci saranno le condizioni per continuare le evacuazioni in quanto l’aeroporto dovrebbe tornare a breve sotto il controllo del governo afghano che, quasi sicuramente, non consentirà a voli militari stranieri di trasferire cittadini afghani in altri paesi. I corridoi umanitari, molto invocati in questi giorni, sono uno strumento attivabile solo da paesi terzi e non certo dal paese di origine di chi fugge. In sostanza non è possibile trasferire dei richiedenti asilo dal loro paese perché nessun governo lo permetterebbe. Diversamente i corridoi potrebbero essere attivati da paesi terzi dove sono fuggiti i cittadini afghani e più precisamente da Iran, Pakistan, Turchia o più semplicemente dai paesi che si trovano lungo la rotta balcanica, in primis la Bosnia, dove migliaia di afghani da anni cercano di raggiungere l’Europa”.
Comunicato Caritas Italiana – emergenza profughi afgani

Dichiarazione del direttore della Caritas diocesana padre Stefano Tondelli: “Fa riflettere il comunicato della Caritas Italiana sulla crisi afgana. Un comunicato breve ma che ancora una volta ci educa ad andare al di là delle spettacolarizzazioni mediatiche del dolore e della sofferenza.
Sono arrivati in questi giorni col ponte aereo dall’Afghanistan 1600 persone: ne arriveranno ancora altre, fino a circa 2500. Questi saranno accolti in centinaia di strutture che li accompagneranno nella richiesta di asilo politico. Strutture promosse dallo Stato, che operano da anni sul territorio nella gestione delle richieste di asilo e che sono già (quasi) pronte ad accoglierli. L’opinione pubblica si sta muovendo per loro.
Quello che i mass media nazionali non ci dicono è che migliaia di afgani, uomini, donne e bambini, sono già arrivati in questi anni! Fuggiti da quella tragedia, dopo un viaggio pieno di pericoli e disperazione, sono riusciti ad arrivare in Europa ma… molti si sono visti rifiutare la richiesta di asilo e devono così tornare nell’inferno da cui sono fuggiti!
Quello che i mass media nazionali non ci dicono è che migliaia di afgani, uomini, donne e bambini, ormai da anni sono respinti o prigionieri o affamati nelle montagne dei Balcani, ammassati nei campi profughi in Turchia, torturati nelle prigioni a cielo aperto della Libia.
Anche quelli sono uomini, donne e bambini afgani in fuga alla ricerca di una vita migliore, lontano da un conflitto che sembra non finire mai. Loro non hanno nessuno che li porti in Europa in salvo con un ponte aereo. Possono solo sperare di farcela o morire, invisibili. Di loro i mass media non parlano.
Ricordiamoci anche di loro, per favore, e di tutti gli sfollati per cause economiche o di guerra. Impegniamoci a tutti i livelli perché siano superati gli ostacoli alla richiesta d’asilo e affinché nessuno debba vivere in condizioni disumane.
Apriamo il nostro cuore allora anche agli “afgani invisibili” e agli altri sofferenti di cui nessuno parla, sapendo riconoscere in loro “invisibili” il volto visibile di Dio”.